CITTÀ DEL VATICANO. Víctor Manuel Fernández detto «Tucho» è la figura chiave di questa fase del pontificato. Da alcuni orni è sotto attacco di siti e blog tradizionalisti per un suo libro del 1998, «La pasion mistica», in cui parla anche di orgasmi. Lo accusano di «pornoteologia». Lui replica in dialogo con La Stampa: «Non ci sono sbagli teologici, ma già allora chiesi di ritirarlo e oggi lo scriverei diversamente, perché alcuni passaggi, letti fuori contesto, potrebbero generare fraintendimenti». Vicinissimo a Papa Francesco, che l’ha scelto per il cruciale ruolo di Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, il Cardinale Teologo argentino ha messo la firma e la faccia - insieme al Pontefice - all’autunno delle aperture «progressiste», rivolte in particolare al mondo Lgbtq+. E per questo è «sotto attacco», nel mirino del fronte tradizionalista e di alcune conferenze episcopali. Soprattutto dopo la dichiarazione «Fiducia supplicans», che ha dato il via libera alla benedizione delle coppie gay.

Eminenza, ci spiega il Documento?

«Si stratta di riscoprire un altro modo di essere prete, al di là dei riti liturgici, che hanno la loro bellezza, ma che non riescono a esprimere o a contenere tutta la realtà concreta della gente. La Dichiarazione ricorda che c’è pure una vita apostolica spontanea, lungo i marciapiedi, in mezzo al popolo, dove ognuno porta il peso della propria vita come può, e a volte ha bisogno di un gesto di amore e vicinanza della madre Chiesa. La mia esperienza in America Latina (e soprattutto quella di Papa Francesco) era piena di questi momenti. La Dichiarazione dice che, oltre alle benedizioni di tipo liturgico, che seguono un rito formale e che richiedono diverse condizioni per non andare contro la volontà di Dio, c’è anche un altro tipo di benedizioni che chiamiamo “spontanee” o “pastorali”, che si danno soltanto perché le persone si avvicinano a chiedere la forza di Dio per andare avanti nella vita. Questo tipo di benedizioni, nella mente del Papa, non richiede alcuna perfezione».

In che senso l’origine della Dichiarazione è «evangelica»?

«Invita tutti i fedeli a fidarsi dell’aiuto di Dio, non solo per andare avanti ma anche per rispondere meglio alla sua volontà. Per quello si cerca la benedizione. E per i preti è evangelica perché li esorta a rispecchiare nei loro atteggiamenti quelli di Gesù di fronte alla gente, accogliendo, abbracciando. Se si tratta di una coppia irregolare, fare per le due persone una preghiera chiedendo salute, pace, protezione, è evangelico. E poi un segno della croce sulla fronte di ognuno dei due, quello pure è evangelico. Il prete può anche dare loro qualche consiglio: “Cercate di essere fedeli al Vangelo, di rispondere meglio alla volontà del Signore”. La benedizione è sempre l’occasione di annunciare Cristo, la sua infinita tenerezza. Non trovo argomenti per dire che queste cose non siano evangeliche».

Come risponde a chi sostiene che benedire una coppia gay è un «atto sacrilego», una «blasfemia»?

«Benedire, nel senso delle benedizioni “pastorali”, non liturgiche, non potrebbe essere né sacrilego né blasfemo, perché è stato chiarito bene che non sanciscono, né qualificano, né autorizzano, né riconoscono niente. Sono indipendenti dalla situazione dei singoli o delle due persone o dei gruppi che si avvicinano a chiederla. Forse su questo punto occorre insistere. Per me, invece, un sacrilegio o una blasfemia sarebbe ricevere la comunione con odio nel cuore, o accettare che un essere umano sia incarcerato oppure ammazzato solo per il suo orientamento sessuale, o vivere in pace con Dio mentre altri soffrono da morire. Questi atteggiamenti sono una grave offesa al Dio d’amore. Sono blasfemi».

La Dichiarazione cambia la dottrina del matrimonio?

«Per niente, e lo dice fino alla stanchezza, al punto da diventare noiosa».

La benedizione legittima l’omosessualità?

«Neanche, e lo dice così esplicitamente che chiunque può capirlo».

Perché avete indicato la durata (10-15 secondi) della benedizione?

«Quel comunicato sembra una catechesi per adolescenti, lo capisco, ma siccome alcuni scrivevano che non capivano concretamente come devono avvenire queste benedizioni “pastorali”, abbiamo pensato che occorresse fornire un esempio particolarmente chiaro, per non lasciare dubbi. E una delle caratteristiche della semplicità non rituale di queste benedizioni è la durata. Sapevo che ci avrebbero preso in giro per questo dettaglio dei 15 secondi, ma ho corso il rischio per rendere più evidente che con queste benedizioni non cade il mondo».

Nella Chiesa c’è anche chi ha esultato. E, come è scritto nell’introduzione della Dichiarazione, le nuove indicazioni prendono in considerazione «diversi quesiti giunti a questo Dicastero». Che significato ha questa attenzione nei confronti del mondo Lgbtq+?

«Guardi, il Documento non difende le “lobby gay”, né le manifestazioni dell’“orgoglio” gay. Niente del genere. Invece pensa a molti credenti che soffrono a sentirsi fuori della Chiesa, a non poter ricevere alcun gesto di vicinanza paterna. Quando una coppia fa un pellegrinaggio, e arriva alla chiesetta amata, lì riceve una benedizione, anche sapendo che non è un’assoluzione: è come una carezza di Dio, come un soffio d’aria fresca che la Chiesa regala ai due pellegrini. Perché no?».

La preoccupano le divisioni e le polemiche nella Chiesa?

«Soltanto quando c’è violenza o il bisogno di screditare l’altro. Mi sono arrivati tre volte messaggi di minaccia: “Ti distruggeremo”. Sentirsi odiato non è bello. Soprattutto perché non ci sono elementi così terribili che giustificano questa durezza. Comunque io me la cavo. Il problema è che l’unità e l’armonia della Chiesa vengono ferite. A ogni modo, non è che questi documenti causino delle divisioni, le fanno semplicemente emergere, portano sincerità».

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